12 luglio 2013

Il Venerdì del Libro - Sulla Strada di Jack Kerouac

Prima di leggere questo libro avevo letto diverse recensioni e opinioni, più che altro incuriosito non tanto dal libro in sé, quanto dello scrittore Kerouac, padre della Beat Generation.
Personaggio enigmatico e controverso, un po’ come tutti gli altri scrittori appartenenti alla Beat.
Per quello che riguarda il libro in sé, anche qui i commenti erano contrastanti, tra chi lo definiva un capolavoro da leggere in una notte (…una notte insonne…) e chi lo definiva un libro molto molto sopravvalutato.
Diciamo che dopo averlo letto, in una settimana, mi piazzo nel mezzo. Credo onestamente che il libro sia un bel libro, ma che in alcuni casi si faccia fatica ad andare avanti. Il libro, come molti sapranno già, parla della storia del protagonista Sal (Kerouac) e del suo amico Dean (Neal Cassidy) che in periodi differenti per ben 4 volte attraversano l’America con mezzi di fortuna, incontrando le persone più strane e visitando i luoghi più disparati dell’ America del 1950.
Lo stile, al contrario di quello che pensavo, è molto “pulito”. Poche sono le parolacce o i termini scurrili e anche le scene di sesso  in realtà sono toccate solo superficialmente. Sembra quasi una storia raccontata da un ragazzo per bene che improvvisamente perde la testa e decide di fare questi viaggi…
In risposta a chi dice che il libro in fin dei conti non parla di nulla dico che è pur vero che letta oggi nel 2013 questa storia può sembrare vuota di contenuti ed a tratti monotona, ma credo che il segreto di questo libro stia proprio nel riuscire (più di molti altri) ad immedesimarsi nel protagonista e quindi cercare di fare questi viaggi nel 1950.
Ecco così che il libro guadagna molti punti e diventa interessante sia per capire l’ambiente americano nel 1950, sia per capire le idee ed i pensieri del “giovane ribelle” Kerouac, che perdendosi per l’America cerca di trovare innanzitutto se stesso. Invece, una delle grosse pecche di questo libro sta nel soffermarsi, da parte dell’autore, eccessivamente su scene o situazioni poco rilevanti o di nessuna importanza per lungo lungo tempo.
Il libro diventa così lento e pesante in alcuni passaggi. In conclusione un libro che si legge, ma certo, onestamente, dal “manifesto della Beat” mi aspettavo qualcosa di più.
Il viaggio verso sud di Sal e Dean lungo le strade infinite del Texas e del Messico, è in definitiva un viaggio verso il nulla, nel quale ciò che importa non è arrivare, ma andare, muoversi indefinitamente nella speranza, che si sa comunque vana, di esorcizzare un'ansia e un male di vivere sempre crescenti, a dispetto delle rischiose vie di fuga offerte dall'alcol, dalla marijuana, dalla benzedrina. L'ineludibile bisogno di ribellarsi, il valore dell’amicizia, la ricerca dell’autenticità, e di una difficilissima appartenenza offrono le coordinate di un universo giovanile segnato dall’ombra nera della dissoluzione e della morte.


In definitiva però non lo rileggerei J
 

2 commenti:

  1. Io credo che sia uno di quei libri da generazione: va letto al momento giusto. Però questo non lo esime dall'essere, a mio avviso, comunque un capolavoro.

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  2. Ma sai che anche io ho trovato una certa difficioltà nel leggerlo? Nel senso che dopo un po' mi stancavo e leggevo altro, mi distraevo. Poi mi sono regalata (dopo anni di sacrifici ce l'ho fatta!) un viaggio coast to coast con il mio ragazzo e ho deciso di provare a leggerlo di nuovo, stavolta immersa nelle atmosfere descritte...solo 60 anni dopo più o meno! Per altro siamo anche passati a San Francisco, nella culla della Beat generation, e un po' mi aiutato. Certe descrizioni dei paesaggi le ho trovate molto suggestive, mi sembrava di chiudere gli occhi e veder svanire quello che avevo davanti per vederlo riapparire nei suoi toni più vintage. Ma tu hai fatto un'analisi giustissima, credo che abbia colto la chiave di lettura corretta: leggere di un personaggio come Dean, per esempio, non scandalizza più nessuno nel 2013. Anzi, si potrebbe dire che è quasi un bravo ragazzo! Ma quello che mi è piaciuto è stato proprio entrare piano piano in una mentalità lontana lontana...staccarmi dal ritmo frenetico di questi anni di crisi, internet, social network e farmi dondolare in quei vagoni pieni di gente sconosciuta, assurda, così lontana.
    Però devo dire che in molte parti è davvero un po' troppo lento......

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