22 febbraio 2013

Il Venerdì del Libro - Una piccola storia ignobile di Alessandro Perissinotto

È notte e il buio avvolge la campagna intorno a Milano.
Due mani si smuovono ansiose la terra indurita dal gelo.
Sono le mani di Anna Pavesi, una donna fuori posto e spaventata, che scava per capire, per scoprire come finirà la storia che pochi giorni prima, in uno strano gioco di equivoci, ha bussato alla sua porta.
A San Valentino il telefono di Anna ha squillato, ma per lei, separata da poco, nessun messaggio d’amore. Dall’altra parte del filo c’è Benedetta Vitali – nome noto della Milano bene – che le ha raccontato di Patrizia, una sorellastra dimenticata, tenuta a distanza per anni e poi ricomparsa all’improvviso e nel peggiore dei modi: in un fosso, uccisa da un’auto pirata su una strada di campagna.
Quello che Benedetta chiede ad Anna è di aiutarla a ricostruire gli ultimi mesi di vita della sorellastra, di aiutarla ad avere di lei almeno un ricordo e a capire come mai, dopo la sepoltura, il cadavere sia scomparso. Ma cosa c’entra Anna in tutto questo? Non è la sua storia, e non è il suo mestiere.
Lei non  un detective: è una psicologa. Eppure Benedetta insiste.
Ha fiducia in lei, nella sua sensibilità, nella sua discrezione: il buon nome di una famiglia in vista non va infangato!
E Anna, disoccupata da mesi e a corto di soldi, accetta l’anticipo di Benedetta e assume l’incarico.
Inizia così un’indagine insolita e spinosa, ambientata nella cupa atmosfera rurale che si respira ai margini della grande metropoli, sviluppata lungo un accidentato crinale di errori e ripensamenti in cui il caso è sovrano spietato e beffardo.
Persa in un labirinto di equivoche relazioni familiari, Anna ne ricostruisce il delicato ricamo, inciampando più volte nelle piccole e grandi lacerazioni della propria vita privata.
Alessandro Perissinotto sfida il cliché del giallo, minando pagina dopo pagina le certezze del lettore. Intrecciando il tessuto della buona società con le trame dell’emarginazione e dell’abbandono, l'autore si spinge fino al cuore nero della vicenda, dove si annida la banalità del male, dimostrandoci che spesso, dietro il disegno oscuro dell’omicidio, non c’è l’estetica perversa del serial killer, ma solo la brutale normalità di una piccola storia ignobile.