5 marzo 2012

Il sogno di diventare una mamma

Ho sempre SAPUTO che sarei diventata mamma.
Scrivevo lettere a mia figlio. Raccoglievo fotografie, ritagli di giornale, poesie. Immaginavo come avremmo giocato con le macchinine, e la sera avremmo sparecchiato il tavolo e avremmo giocato a Monopoli tutti insieme. Sarebbe stato divertente.
E non posso dire, in effetti, dopo 1 anno di maternità, che fare la madre non sia divertente. Per me lo è stato. Passato il periodo peggiore, adesso fare la mamma è divertente. Ma prima…
Prima io non sapevo che avere un figlio fosse una cosa così difficile. Ho preso precauzioni tutta la vita, sono rimasta incinta subito appena ho voluto, pensavo che questo fosse ‘normale’. Pensavo che la gravidanza fosse solo un momento, un io+pancia, una condizione che avrei potuto vivere continuando ad essere me stessa, senza stravolgimenti. Pensavo che il parto sarebbe stato doloroso, ma accettabile. Pensavo che, sì, in fondo lo pensavo: l’hanno fatto milioni di donne, prima di me, lo farò anch’io.
Ed effettivamente nel mio caso è stato così.

Mi sono goduta tutta la parte bella della gravidanza. Mi sono goduta le uscite con le amiche, il corso preparto, lo shopping per preparare il corredino. Mi sono goduta le code preferenziali al supermercato, gli sguardi della gente e anche la loro invadenza così fastidiosa per molte.
Pensavo a lui, a mio figlio, come un piccolo cuore da proteggere dentro di me. Contavo i giorni, le settimane, i mesi. Ho festeggiato quando il calendario annunciava 35 settimane: mi sentivo felice  di averlo condotto verso quel traguardo che sembrava impossibile, mi sentivo sollevata al pensiero che ce l’avremmo fatta.
Ho provato i dolori del parto, il travaglio, le contrazioni, l’allattamento. Dopo 37 settimane + 2 giorni sono diventata mamma.
Mentre siamo entrati in sala travaglio/parto ero felicissima all’idea di poter conoscere finalmente il nostro bambino. Ero felice e non vedevo l’ora. Non sentivo i dolori, non avevo paura …. Avevo solo fretta di vederlo nascere. Il viso di mio marito, agitato, emozionato ma pronto per la gioia più grande della nostra vita è stato molto incoraggiante.
Poi, lui, ha pianto. Ha pianto di una voce che io ho riconosciuto, una voce che era dentro di me da sempre, la sua voce, la voce che da sempre e per sempre io sapevo essere la sua.
Con un sacco di capelli dritti sulla testa, e gli stessi occhi giganti e intensi di adesso, mi ha guardata calmo, in silenzio, stretto nel suo lenzuolino bianco. Piccolo e minuscolo come un fiammiferino, grinzoso e roseo, e soprattutto calmo. Era già lui, il Federico di oggi, serafico e convinto, curioso, ironico, divertente e divertito. Mi guardava come se dicesse: dai, rilassati mamma, che sarà mai?

L’ho annusato, tenuto in braccio, ho dormito con lui accovacciato sulla mia pancia, e da allora mi sembra di essere un corpo unico, io e lui, così vicini che i nostri respiri si toccano.
Da quel momento mi sono sentita sollevata. Non ho sofferto di depressione post partum e mi sento molto fortunata, per questo.
Il solo fatto di essere viva insieme a lui, mi ha dato la forza necessaria per affrontare i primi mesi. Mi sono divertita. Ho anche pianto molto. Ho avuto paura di sbagliare. In certi momenti non sapevo cosa fare. Ho avuto tanto sonno, tanto da piangere di disperazione, alle volte, per tutta la stanchezza che sentivo.

Ma la vita, essere viva, avere lui vivo accanto a me… la vita era la forza che mi serviva per affrontare tutto, per risolvere i problemi, per trovare una soluzione.
Sono cresciuta. E’ passato un anno da allora. Ho riso molto e lavorato molto e costruito molto.
Ma devo essere sincera ho sviluppato una consapevolezza che io prima non avevo avuto, un pensiero che non avevo capito prima: che diventare madre non è automatico, non è scontato,  a volte non è neppure possibile. Credo che in me ci sia anche un bambino-non-nato.
Il mio bambino-non-nato è la paura, l’aver capito che diventare mamma è stata solo una fortuna, e che la mia gravidanza tutto sommato semplice non era che una piccola insignificante goccia nel mare del dolore di chi non ha avuto figli, non ha potuto averne, ne ha cercati senza trovarli.
Federico mi ha insegnato con forza l’amore per la vita, ma il  mio bambino-non-nato ha saputo insegnarmi il rispetto, la compassione, l’amore incondizionato per tutti coloro che non hanno potuto ricevere il dono di diventare genitori.
E’ cambiato tutto, da allora, per me. Capire di essere una privilegiata mi dà la responsabilità di fare il meglio possibile, di fare di più, di vivere la maternità come un dono che mi è stato fatto e che non era affatto scontato.
E in me oggi, ogni giorno, grazie a questo bambino-non-nato, c’è il pensiero per le madri che non sono ancora diventate madri, la speranza per la loro vita, il desiderio di condividere con loro la buona notizia che sembra non arrivare mai.
Oggi vivo con la speranza di sapere che questo dono è stato fatto anche a loro, e che presto arriverà un bambino nella loro vita, e che la vita le chiamerà a vivere, e che la storia finirà come devono finire tutte le storie: vissero per sempre felici e contenti. Per sempre felici e contenti.

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