30 novembre 2012

Il venerdì del libro - Il Natale delle renne di Ruth Martin

Oggi voglio parlare di un bellissimo libro pop-up che Federico ha ricevuto dalla sua adorata zia Tetta (Nicoletta per il resto del mondo).
E' un libro con delle illustrazioni veramente magnifiche: le renne paffute, Babbo e Mamma Natale dei vecchietti deliziosi, la casa addobbata a festa .... insomma un'immersione pazzesca nella magia del Natale.
Il libro risponde ad una domanda atavica "E le renne di Babbo Natale, dopo tutto quel lavoraccio con la slitta, come festeggeranno il gran giorno?"
Non voglio rovinarvi la sorpresa per cui vi invito a scoprirlo leggendo e sfogliando questo pop-up in rima che parla del momento più bello dell'anno!

23 novembre 2012

Il venerdì del Libro - L'eleganza del riccio di Muriel Barbery

Un elegante palazzo abitato da famiglie dell'alta borghesia. Ci vivono ministri, burocrati, maìtres a penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, che appare in tutto e per tutto conforme all'idea stessa della portinaia: grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. Niente di strano, dunque. Tranne il fatto che, all'insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta che adora l'arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Cita Marx, Proust, Kant... dal punto di vista intellettuale è in grado di farsi beffe dei suoi ricchi e boriosi padroni. Ma tutti nel palazzo ignorano le sue raffinate conoscenze, che lei si cura di tenere rigorosamente nascoste, dissimulandole con umorismo sornione. Poi c'è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita (il 16 giugno, giorno del suo tredicesimo compleanno). Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l'ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l'uno dell'impostura dell'altro, si incontreranno solo grazie all'arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renée.
E' questa la trama di una delle sorprese editoriali del 2006 ed ha dato poi vita ad una trasposizione cinematografica su cui però non posso fare alcuna recensione, in quanto non essendo rimasta affascinata dal libro, non me la sono sentita di vedere anche il film.
Eh si, so probabilmente di andare contro corrente, ma a me il libro non è piaciuto, ho avuto difficoltà nel seguire la narrazione e a tratti l'ho trovato anche noioso, quindi non lo consiglierei assolutamente. 

16 novembre 2012

Il Venerdì del Libro - Nè qui nè altrove di Gianrico Carofiglio

Quanto è strano rivedere delle persone dopo oltre vent’anni? Quanto è strano rivedere degli amici dopo oltre vent’anni? È questo il pretesto che funge da filo conduttore del romanzo “Né qui né altrove”. La notte di tre vecchi amici passata tra ristorante e giro in macchina a raccontarsi il passato e il presente attraverso le strade di Bari che suscitano ricordi come se fossero un ipertesto denso di ricordi ed esperienze. Un po’ guida turistica, un po’ romanzo confessione, Gianrico Carofiglio esce dai soliti schemi che l’hanno reso famoso e ci mostra un affresco drammaticamente reale della vita di tutti i giorni di persone normali con debolezze, rancori e senso di inadeguatezza rispetto alla vita che vivono che non è quella che avrebbero voluto vivere.
Una imprevista e imprevedibile serata in compagnia di ex compagni di scuola, liceo e università, mette in moto una serie di ricordi. Episodi che riguardano i due che lo avevano coinvolto all'improvviso in un amarcord non del tutto gradito, Paolo, docente universitario negli Usa e ormai cittadino americano, e Giampiero, notaio figlio di notaio fiero di esibire ricchezza e prestigio, e ricordi di sé. Partendo dalle motivazioni che avevano portato tutti e tre ad iscriversi a giurisprudenza (ragioni ben diverse tra di loro), Carofiglio ripensa al suo essere studente, alla sua distratta passione per le librerie, allo choc nel sapere vittima di un attentato fascista la libreria Rinascita che quasi quotidianamente frequentava.
Tra un ricordo e l'altro intanto i tre consumano una cena memorabile, dopo di che escono per una passeggiata. Bari è la città in cui vive lo scrittore, che quindi vive quotidianamente, ma quella sera, quasi senza capirne il perché scopre lungo il percorso che fa con gli amici l'esistenza delle palme. Solo quando era bambino quella presenza africana lo stupiva, poi aveva smesso di vederle, erano come sparite, fino a quella sera: non sappiamo più guardare, vediamo ma non guardiamo ciò che ci circonda.
La mente allora inizia a ripercorre presente e passato, luoghi, persone, situazioni... Gli anni Settanta, gli Ottanta, Bari allora, Bari oggi. Gli incontri, gli amori, le esperienze.

Bari di notte, animatissima, anche troppo: lo stupore di Paolo, assente da oltre vent'anni, davanti alla sua città irriconoscibile. Le vie, i loro nomi, pensare un momento a quei personaggi famosi, scomparsi per l'abitudine di citarli, solo strade non più vite, azioni, glorie.
Oltre alle persone riemerge il ricordo del cane che per sedici anni era stato suo amico inseparabile, un personaggio importante della sua adolescenza e della sua giovinezza e uno strumento di esplorazione della città.
Pensieri che attraversano i tre compagni di passeggiata e di rievocazioni, Bari che si dipana nuova sotto gli occhi di Paolo, come riscoperta sotto quelli di Gianrico. Qualche leggenda metropolitana, qualche storia misteriosa e il gioco si fa più intimo e anche più denso di turbamenti e nostalgie. Di certo è Giampiero che sembra entrare meno in contatto con queste emozioni, forse troppo "arrivato", forse troppo "soddisfatto" per lasciarsi andare a scoperte e a inquietudini.
Imprevista l'ubriacatura di Paolo, e altrettanto inaspettata la rissa notturna con un passante. E le sgradevoli verità che vengono dette: niente di più triste di un ritorno, di un rivedersi, di un sentirsi dire in faccia cose vere su di sé a cui non si è abituati a pensare perché non piacciono. E poi la discesa dal piedestallo di uomo vincente di Giampiero, scoprire il dolore degli altri.
Un ultimo colloquio a due, Paolo e Gianrico di fronte, due uomini con rancori e affetti intrecciati, di certo non si sarebbero più rivisti o forse sì. 
Giustamente questo racconto di una notte, questo non romanzo, è stato apprezzato dai lettori. Ognuno può ritrovare in quell'incontro, in quei dialoghi, magari sotto altri cieli e con persone assolutamente diverse, lo stesso imbarazzo, le stesse improvvise confessioni, l'amarezza di non riconoscersi e quella di conoscersi troppo bene. Un libro insolito per Carofiglio, nel senso che si allontana dal solito filone ma che non può lasciare indifferenti grazie anche all'intensità della scrittura dell’autore.

18 ottobre 2012

Il venerdì del Libro - Il Professionista di John Grisham

Rick Dockery, ex promessa del football americano, è un quarterback che non ha mai saputo trovare la spinta necessaria per diventare un grande giocatore. La sua carriera sembra ormai avviata verso una dignitosa mediocrità, con un ruolo di seconda riserva nell'NFL, la massima serie americana. Una sera, però, entrato in campo sul netto vantaggio della propria squadra, Rick riesce a rovinare la partita, e la propria vita, con quella che sarà descritta da tutti i media come la peggior performance nella storia del football professionistico. Quando, dopo un incidente in campo, Rick si sveglia in un letto d'ospedale, la sua squadra lo ha già licenziato. Ma giocare a football è l'unico mestiere che Rick conosce, e per questo prega il proprio agente di trovargli, nonostante la sua ormai pessima fama, un ingaggio qualsiasi che lo aiuti a superare la crisi. Dopo una disperata ricerca, un posto sembra rendersi finalmente disponibile. È in Italia, nella squadra dei Panthers Parma. Rick non sapeva nemmeno che in Italia il football fosse praticato e, a dire la verità, non essendo mai uscito dagli Stati Uniti, non ha nemmeno la più vaga idea di dove Parma si trovi. Tuttavia parte, deciso a superare questo momento di sciagura e tornare in America non appena gli sarà possibile. Ciò che Rick però non sa è che, nonostante i mille, comici equivoci che un americano che conosce solo la propria lingua può generare nella provincia italiana, a Parma troverà molte cose che la vita negli Stati Uniti non aveva saputo offrirgli: buon cibo e tempi rilassati, ma soprattutto degli amici, un amore e la riscoperta gioia di giocare. E mentre nel clima di brutale pressione del football professionistico non aveva saputo trovare un vero stimolo, saranno i valori di uno sport semiamatoriale, ma vissuto con genuina passione, a fare di lui, forse per la prima volta, un vero giocatore. Con "Il professionista" John Grisham ci regala uno splendido romanzo sullo sport, l'amicizia e le occasioni con cui la vita, a volte, torna a sorprenderci.

28 settembre 2012

Il venerdì del libro - La ragazza con l'orecchino di perla di T. Chevalier

La ragazza con l’orecchino di perla è una storia delicatissima e commovente che ha per protagonista una giovanetta straordinaria, nascosta nei panni di una popolana qualunque.
La storia è ambientata a Delft, Olanda, nel XVII secolo. Griet ha sedici anni e deve andare a servizio presso la famiglia di un pittore per poter mantenere i genitori e la sorella. La cosa si preannuncia difficile e dolorosa, ma nello stesso tempo qualcosa sta per segnare il suo destino: i due coniugi che le daranno lavoro infatti sono il famoso pittore Johannes Vermeer e la moglie, che vengono a casa sua per incontrarla mentre lei sta preparando il pranzo in cucina. All’artista basta un’occhiata al vassoio in cui Griet ha sistemato le verdure, disposte per sfumature di colore, per capire che ha davanti un personaggio ricco e profondo. La ragazza dovrà sopravvivere al duro lavoro e, soprattutto, alle invidie sia delle altre persone a servizio con lei sia della signora padrona; nemmeno le figlie dei due signori le renderanno la vita facile, accanendosi contro di lei senza sapere perché. Ma è il lettore a capirne il motivo.
Griet non è ambiziosa, non cerca il consenso di nessuno, fa di tutto anzi per rimanere in silenzio e nell’ombra. Ma ha una grande personalità ed un intuito artistico straordinario, per cui il solo fatto di esistere con il suo mondo di emozioni e osservazioni, la porta a essere una figura scomoda a misteriosamente affascinante. Chiunque al suo posto correrebbe il rischio di lasciarsi lusingare e tentare di chiedere maggiori attenzioni e diritti, ma lei non lo fa e per questo nessuno la può accusare di nulla. Perfino quando capisce chiaramente che il pittore ha per lei un’ammirazione quasi reverenziale, non perde mai di vista la sua realtà e le sue reali possibilità. Lei è una popolana e tale rimane, non ambisce a titoli o a riconoscimenti, ma solo a conoscere le reali sfumature del proprio mondo interiore. La tempesta di emozioni che turbina intorno a lei allora riesce a turbarla, ma non a travolgerla e, mentre le altre persone coinvolte arrivano a logorare i rapporti, lei esce vittoriosa come un’eroina e rimane tale anche quando è convinta di essere fuori dai giochi di quella casa.

14 settembre 2012

Il venerdì del libro - Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti

La storia si svolge ad Ischiano Scalo, un piccolo paesino arroccato dove c'è uno di tutto (come in ogni paese che si rispetti): un bar, un giornalaio, una chiesa, un matto del paese (sicuro ci sta, mi gioco quello che volete, una scuola, una volante della polizia ... ed un intreccio di conoscenze e passioni creato alla perfezione.
E' la storia senza lieto fine di Pietro, figlio “caratteriale” di genitori squallidi e sperduti, ragazzino timido e perseguitato dai compagni teppistelli, il cui destino s’incrocia e si compenetra tragicamente con quello di Graziano Biglia, playboy e frikettone fallito, destinato, per estrema coerenza al proprio personaggio caricaturale, a perdere l’ultima possibilità di redenzione, incarnata dalla professoressa Palmieri, unica ad averlo amato e accettato in tutta la sua desolante spontaneità. Storie di ordinaria periferia, d’amore asfittico e spoetizzato, d’orrore maleodorante e bestiale. La narrazione risulta ben congeniata e avvincente e l’assoluta “assenza di messaggio” al lettore non implica la superficialità dell’intreccio e non esclude l’acutezza dello studio dei caratteri.

13 settembre 2012

Trent'anni senza Grace

Un incidente in auto la sera del 13 settembre 1982 mette la parola fine alla favola della principessa che ha incantato il mondo. E trasformato il Principato di Monaco nel regno più glamour del '900. Grace Kelly sta percorrendo con la figlia minore Stephanie la strada per Turbia, poco lontano dal Principato di Monaco. Contrariamente al solito, invece di farsi accompagnare dall'autista ha deciso di guidare personalmente la sua Rover verde metallizzata. Proprio quando sta per affrontare la curva chiamata "gomito del Diavolo" un malore le fa perdere il controllo dell'auto. All'arrivo dei soccorsi, la principessa è già in coma, mentre Stephanie, sotto choc, riporta solo lievi ferite. All'ospedalele riscontano due emorragie cerebrali: la prima lieve, la seconda fatale. Grace muore quella sera stessa, alle 22.15. L'annuncio ufficiale viene dato poi il giorno dopo, il 14 settembre.
Che cosa resta di Grace, trent'anni dopo? Moltissimo.
La Kelly, borsa icona di stile evergreen (firmato Hermès), e lo charme inimitabile della diva dagli “occhi di acquamarina” come notarono a Hollywood, tanto per cominciare. Grace, nata nell'anno del grande crack di Wall Street, il 1929, dopo una fulminea carriera di attrice che le aveva regalato anche un Oscar, aveva sposato il principe Ranieri di Monaco. E la favola della ragazza per bene, nata da una famiglia di irlandesi tenaci, cocciuti e desiderosi di costruirsi un futuro solido e prospero sotto la bandiera a stelle e strisce, divenne così la favola rosa della prima principessa glamour, mediatica. Già, prima di Diana c'è stata lei, Grace. E prima di Rania, Letizia e Kate, c'è stata ancora lei. È vero che Grace ha lasciato il suo profumo di donna-regina di stile. I suoi tailleur color pastello, i suoi abiti da sera sontuosi come quelli di una regina e al tempo stesso soavi come quelli di una fata. La moda di acconciare i capelli biondi con morbide onde ad accarezzare la nuca e poi quella del taglio artichocke, alla lettera come un carciofo.
Ma più di ogni altra cosa Grace ha lasciato un modo nuovo di intendere il suo ruolo principesco. Così come un secolo prima a Londra, il principe Alberto adorato sposo della giovane regina Vittoria, era riuscito a reinventare il ruolo di principe consorte, dedicandosi con passione alla promozione delle arti e impegnandosi per uno slancio culturale dell'Impero britannico, così la bionda Grace riuscì a delineare un ruolo del tutto inedito per le principesse del Novecento. Un modello vincente ancora adesso che abbiamo abbondantemente passato la boa degli anni Dieci del Duemila. Prima di Grace una vita a palazzo era una girandola di balli, ricevimenti e battesimi (degli eredi). E poco altro. Dopo di lei nulla sarebbe più stato come prima. Grace era cresciuta in una famiglia troppo determinata e impegnata (il padre già campione sportivo fu poi un grande costruttore animato da una forte passione politica per il partito democratico) per accettare un ruolo da bella statuina. E poco altro. Così negli anni che visse alla Rocca di Monaco, dal piccolo studio in cima alla torre del palazzo che è stato poi ereditato dal figlio Alberto, ha seguito con passione e indirizzato con determinazione, la vita politica e amministrativa del piccolo regno.
“Mio padre (Ranieri) le chiedeva sempre consiglio”, ha detto il figlio Alberto, “perché lei era sensibilità e buon senso”. Così ci fu lei, con la sua abilità diplomatica e il suo intuito politico, dietro alla soluzione della pesantissima crisi del 1962 quando la Francia del generale De Gaulle preoccupata dalla fuga di patrimoni verso i confini a fiscalità “dolce” del Principato, cinse Monaco in una sorta di cintura di sicurezza che in pochi mesi rischiò di mettere in ginocchio il turismo e tutto il suo indotto economico del Principato. Sarà la storia che racconterà il film hollywoodiano per il quale è stata scelta Nicole Kidman a vestire i panni di Grace. Un film low cost (come il Discorso del re con Colin Firth), ma che promette di accendere nuovamente in riflettori su quest'icona senza tempo. E la battaglia con De Gaulle non fu l'unica dimostrazione dei nervi d'acciaio, del fiuto politico e dell'abilità negoziale di una donna che a Hollywood avevano imparato a rispettare conquistati dall'aplomb regale che sapeva trasmettere. Fu merito ancora di Grace, se anche il duello di Ranieri con Aristotele Onassis che sognava di scalare la Societé des bains de mer (la cassaforte turistica del principato), si risolse con la vittoria del principe.
Che cosa resta insomma di Grace tre decenni dopo quel maledetto 13 settembre 1982 quando la sua auto rotolò giù dalle alture di Roc Agel (la tenuta di campagna dei Grimaldi)? I suoi funerali furono seguiti da 100 milioni di telespettatori in tutto il mondo, un lutto corale che si spiega soltanto con l'irresistibile seduzione mediatica che riuscì a esercitare. Una prova? Persino l'algido premier Mario Monti, ha confessato un debole per la bionda Grace. Trent'anni dopo resta insomma molto di più del suo sorriso, della sua bellezza soave e delicata. Resta l'impronta indelebile di una principessa contemporanea. La prima, il prototipo. Ancora inimitabile. Diana, Rania, Letizia, Kate e Charlène (la nuova princesse de Monaco) per ora sono solo buone imitazioni.









4 settembre 2012

10 e lode ai tifosi dell'Inter!


Domenica sera allo stadio Meazza hanno esposto uno striscione: “Zeman, icona del calcio pulito”.
Hanno fatto pensare.
Intanto, è un forte segnale in controtendenza fare un complimento pubblico, prima della gara, all’allenatore della squadra avversaria.
In un ambiente pieno di retorica e di simboli antagonisti, si tratta di un precedente molto importante.
Ma non è il buonismo cavalleresco che colpisce. E neppure la sottintesa polemica contro gli ambienti bianconeri , avversari comuni.
Piuttosto la riflessione è in quel desiderio espresso con semplicità di “calcio pulito”. Calcio, ma anche politica, economia società, perfino aria. Il popolo non ne può più e cerca esempi di un mondo più pulito. Bisogna ascoltare e riflettere. Se in uno stadio si arriva alla rappresentazione di un sentimento tanto semplice quanto efficace, vuol dire che la retorica e la demagogia sono ampiamente superate.
Vuol dire che chi governa, dirige, chi ha una qualunque responsabilità, deve fare attenzione al giudizio degli altri. Il calcio pulito è una metafora. La stragrande maggioranza degli italiani, stanca di come vanno le cose, vogliono lealtà e trasparenza nella partita della vita quotidiana. Senza trucchi e privilegi.

31 agosto 2012

... i tuoi figli non sono i figli tuoi ....

C’è un pensiero, nel «Profeta» di Gibran, che trovo meraviglioso: "I tuoi figli non sono i figli tuoi sono i figli e le figlie della vita stessa. Tu li metti al mondo ma non li crei, sono vicini a te ma non sono cosa tua. (…) Puoi dar dimora al loro corpo ma non alla loro anima. Perché la loro anima abita nelle case dell’avvenire dove a te non è permesso di entrare neppure col sogno". Poi conclude: "Tu sei l’arco che lancia i figli verso il futuro".
È un pensiero al quale ogni genitore dovrebbe attenersi, ma è faticosissimo da mettere in pratica. Me lo ripeto ogni sera, ma temo di mancarlo ogni giorno. La vita quotidiana lo mette di continuo in discussione.
La verità è che i genitori hanno paura per i loro figli.
La paura è senz’altro un’espressione d’amore, ma non è certo la migliore.
Se esistono delle applicazioni che danno ai genitori il controllo sui figli, se oltrepassano un perimetro che li fa andare troppo lontano, ciò è in contraddizione con questo pensiero di Gibran. In pratica, è la versione tecnologica del diritto che si prendeva il genitore di leggere di nascosto il diario dei propri figli — la versione tecnologica di questo gesto, è muoversi tra le pagine di Facebook con un’identità nascosta.
I genitori dicono: è per il suo bene.
Ma in realtà, è soprattutto il modo per tranquillizzare se stessi, non i figli. Se io so dov’è mio figlio in questo momento, sono io a essere più sereno, non lui. Bisogna provare ad avere il coraggio di non avere paura. Di avere fiducia, senza essere sicuri che questa fiducia verrà ripagata.
Bisogna avere il coraggio di far andare i figli per il mondo, e aspettare che tornino a casa, dopo che hanno vissuto delle ore dentro le quali, anche con le applicazioni più sofisticate, e l’aiuto di agenti del Kgb, non riusciremo mai a entrare. E aggiungo: per fortuna

Il venerdì del libro - Trilogia del BarLume di Marco Malvaldi

Come dice bene l'autore ..... «Quando hai ottant’anni, l’unica cosa che puoi fare in un giorno di pieno agosto è andare al bar».
E che fare al bar? Le carte, i fatti altrui, discussioni continue, e dopo: investigare. Come fanno i vecchietti del BarLume: Nonno Ampelio, l’oste Aldo, il Rimediotti pensionato di destra, il Del Tacca-del-Comune: è la squadra investigativa del BarLume di Pineta. Se c’è un delitto nei dintorni, il loro onnisciente pettegolezzo diventa una formidabile macchina da indagine. Da dove Massimo il barrista estrae la chiave dell’enigma, come una Miss Marple in puro toscano.
Tre romanzi, tre delitti e una fitta maglia di pettegolezzi che si trasforma in una formidabile macchina da indagine.
I tre libri che compongono questa raccolta sono dei gialli, ma siete degli appassionati di gialli stile Agatha Christie state lontani da questi libri, perchè la trama "gialla" è solo un contorno e spesso la soluzione agli enigmi è un po' raffazzonata.
Quello che è davvero grande in questi romanzi sono i personaggi. I quattro vecchietti del BarLume ed il "barrista" Massimo sono tra i personaggi più diverteni che si possano incontrare. Le loro battute fulminanti sono qualcosa di fenomenale ed anche il lettore vorrebbe poter essere un frequentatore di quel bar perchè davvero ci si diverte un mondo ad ascoltarli.
So per certo che finchè il buon Malvaldi non farà uscire una nuova storia del BarLume mi mancheranno davvero parecchio i quattro adorabili vecchietti!!!

Ora passiamo in breve alla trama dei 3 romanzi (che si leggono davvero tutti d'un fiato)
La briscola in cinque
Da un cassonetto dell’immondizia sporge il cadavere di una ragazzina. Sembra un fatto di sesso e droga, di balordi del giro, anche per la condotta della vittima, figlia di una delle migliori casate di Pineta. Dalle beffarde maldicenze, durante la partita a carte dei vecchietti del BarLume, spunta un intrigo più contorto e scabroso.
Il gioco delle tre carte
C’è un congresso a Pineta. Viene ucciso un anziano professore giapponese. Non c’è altra traccia da seguire se non un computer, ma aprendolo non si trova un indizio. Il commissario Fusco è smarrito. I vecchietti, al BarLume, fanno confusione. Nel gioco delle tre carte, la carta che vince si nasconde ostentandola. Come la verità in questo enigma investigativo.
Il re dei giochi
Il re dei giochi è il biliardo nuovo dove si accampano in permanenza i vecchietti del BarLume. Più che giocare, sezionano Pineta. Sulla statale c’è stato un terribile incidente. È morto un ragazzo ed è in coma la madre, eredi di un costruttore milionario. Solo una disgrazia? Ma la madre muore in ospedale, maldestramente uccisa. Così i vecchietti, finalmente, trovano pane per i loro denti in quest’estate così noiosa.

Con questa recensione partecipo all'iniziativa il Venerdì del Libro di Homemademamma (http://www.homemademamma.com/)

28 agosto 2012

L'orologio dei ricordi


Una settimana fa...
Una settimana fa ero in un posto letteralmente paradisiaco (http://areamarinasinis.it/) a godermi le vacanze con il mio maritino e il mio cucciolotto. Vivevo in simbiosi con loro, respirando l'odore del mare, godendo di ogni singolo istante di quest'estate rovente.
La paletta, il secchiello, l'acqua cristallina della Sardegna, il maialetto arrosto, i malloreddus, le infinite volte in cui mi sono sentita chiamare "MAMMA" .....
che dire, è passata solo una settimana ma mi sembra tutto così lontano.

Un mese fa...
Un mese fa stavo trascorrendo un weekend al lago di Garda (http://www.relaissanmichele.it/it_IT/bed-and-breakfast-lago-di-garda/oasi-naturale-nei-pressi-del-lago-di-garda.html) in un relais veramente incantevole e indicato a tutti coloro che vogliono per un po' staccarsi dalla frenetica realtà che ci governa. Con l'occasione ho anche incontrato delle delle colleghe a distanza (che lavorano nell'ufficio di Verona dell'azienda per cui lavoro) ed è stato bellissimo poter collegare un viso ad un nome e ad una voce .... il tutto è stato reso ancora più speciale dal fatto che tutte e 3 abbiamo dei bimbi nati nel 2011!
Fantastiche coincidenze, di quelle che fanno bene al cuore.

Un anno fa...
Un anno fa ero al luna park della Sagra del mio Paese e mi stavo divertendo insieme al mio Little Fede al suo debutto sulle giostre.
Vedere i suoi occhi svegli e furbi entusiasmarsi davanti a tutti i colori e le luci è un ricordo che rimane indelebile nella mia memoria come ogni singolo attimo che ho la fortuna di passare con lui.

 
Forse il fatto di essere tornata al lavoro mi ha fatto pensare con malinconia a tutto quello che ho scritto in questo post ..... ma certo quello che ho nel cuore è solo gioia e gratitudine per tutto quello che possiedo.
Mi sento una donna, una moglie e una mamma fortunata .... che aspetta con felicità l'arrivo dell'autunno.

3 agosto 2012

50 anni senza Marilyn ....

5 agosto 1962 .... Io non lo ricordo, non posso ricordarlo perchè non ero nemmeno nata ma quel giorno si è spenta una donna meravigliosa, piena di charme, che ha popolato per anni i sogni di milioni di uomini e continua a farlo anche ora, anche tra chi non l'ha mai vista da viva.


E’ il Mito che abbraccia tutti i miti dei tempi moderni: la Bellezza e il Sesso, la Seduzione e la Fama, il Desiderio e l’Angoscia, la Solitudine e la Paura.
Quante analisi le sono state e le sono dedicate, giudizi osannanti (tanti) o critici (pochi), senza mai superare la soglia di facili banalità e la solida consistenza di bolle di sapone...

Marilyn, per dirla con le parole di Bert Stern, il maestro dell'obiettivo che l'immortalò nell'ultima celebre sessione prima della morte, «Era puro spirito, altro che corpo. Fotografarla è stato come fotografare un’anima».

L’equazione Marilyn Monroe = Sex-symbol sembrerebbe inconfutabile. Peccato che la sua sessualità non raggiungesse soltanto obiettivi maschili ma superasse tutte le barriere di genere, giacchè Marilyn ha conquistato tutti: uomini, donne e bambini, che l’hanno sempre amata e con i quali aveva un’intesa profonda e istintiva.

Marilyn è stata capace di sfuggire con intatta innocenza anche al controllo dell’industria che contribuì a crearla, la sfruttò e continua a farlo persino oggi.
Andy Warhol, che la dipinse come una scatoletta Campbell e ben si intendeva di dive-oggetto e di consumismo, sentenziò lucidamente: «Marilyn era timida, meravigliosa, chimica e magica. Dopo la sua morte l’ho usata in quadri e serigrafie come un oggetto. Ma le persone sono oggetti, sono vasi in cui si può mettere tutto. Poi i vasi cadono e si rompono».

L’Oggetto Marilyn si ruppe tragicamente a soli 36 anni nella misteriosa notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962, comunicando brividi d’orrore e infiniti sensi di colpa alla società del benessere che l’aveva idolatrato.
Nata Norma Jeane Baker in una famiglia rosa dal tarlo della malattia mentale (dalla nonna Della alla madre Gladys Baker) e dall’assenza della figura paterna rimasta incerta, si era sposata tre volte (con l’operaio James Dougherty, l’asso del baseball Joe Di Maggio e il drammaturgo Arthur Miller) dividendo tutta la breve vita tra la vertigine dell’esaltazione mediatica e un’indicibile infelicità.

Il linguaggio del suo mito è quello primario e indistruttibile dell’Infanzia.
Marilyn rimase per sempre la piccola Norma Jeane. I suoi poteri di seduzione si esprimevano in una Voce delicatissima e soave che rivolgeva agli altri una perenne domanda d’Amore.
Nessuno ha mai saputo cantare I wanna be loved by you con pari supplichevole convinzione.


Morì quando era ancora giovane e bella, era l'icona sexy della sua epoca. Amava vivere in maniera misteriosa e morì in maniera misteriosa, per questo la gente continuera' a voler leggere e sapere di lei. Credo che sarebbe stata gratificata dal sapere quante persone ancora la amano e che accademici scrivono libri su di lei. Voleva essere presa seriamente, fu la piu' grande bionda-oca mai esistita. Quella bionda era, al contrario, molto intelligente.
Credo che una delle immagini più belle che il mondo le ha tributato derivi dal pezzo di Elton John "Candle in the Wind" ..... ed è così che la voglio ricordare: fragile, ma immensamente bella ed inarrivabile.

RIP NORMA JEAN












Ciao Aldo!

Piange la famiglia Maldera, Piange il Milan, Piange tutto il popolo rossonero.

18 luglio 2012

Frida all'Agriturismo Ai Boschi di Origgio

Cosa c'è di meglio di una bella gita in bicicletta in una tipica domenica soleggiata di luglio?
e così di buon ora, ci siamo preparati di tutto punto, abbiamo caricato Frida in bici (su quella della Happy Mummy) e siamo partiti.
La strada da percorrere è breve ma sia Federico che Frida sono eccitatissimi.
Chiedono continuamente di suonare il campanello per far spostare le biciclette che secondo loro vanno troppo lente e non ci fanno arrivare prima a destinazione.
Si sono però scordati che c’è anche una bella salita da percorrere e la mamma non è così allenata.
Ma per fortuna raggiungiamo la meta: l’Agriturismo Ai Boschi di Origgio.
Origgio è un paesino della provincia di Varese che confina con Cantalupo (che invece è in provincia di Milano)
Il territorio di Origgio è, praticamente per la quasi totalità, pianeggiante e attraversato, nella zona agricolo-boschiva, dal torrente Bozzente. Origgio condivide con i comuni di Uboldo e Cerro Maggiore un grande bosco di robinie e querce, chiamato Bosco del Conte. Questo bosco sorge nella vecchia zona di spaglio del torrente Bozzente. Attualmente è in corso la realizzazione del "Parco Sovracomunale dei Mughetti", che si estenderà per 1000 ettari nelle zone agricolo-boschive di Origgio, Uboldo e Cerro Maggiore, a tutela del corridoio ecologico del Bozzente e di una delle ultime zone verdi rimaste nella zona dell'Alto Milanese.
Nei giorni intorno al 25 aprile ogni anno si tiene ad Origgio la Fiera delle Merci e del Bestiame che si articola su tutto il territorio comunale e che vede concorsi di bellezza e destrezza per bestiame di vario genere nelle categorie bovini, ovocaprini ed equini. Il 25 aprile le bancarelle occupano quasi la totalità del paese. Si svolgono inoltre una sfilata di carrozze con tiri da uno a dodici cavalli, gare di cavalli e soprattutto la mostra bovina con premiazioni gastronomiche.

Ma veniamo a noi … proprio al confine tra Cerro e Origgio si trova l’Agriturismo Ai Boschi, un’azienda agricola a conduzione famigliare à http://www.aiboschi.it/

L’azienda si sviluppa ai limiti del bosco del Conte Borromeo, importante polmone verde della nostra zona.
L'attività prevalente è la coltivazione dei terreni i cui prodotti vengono utilizzati direttamente in azienda per l'alimentazione degli animali.

L’attività produttiva tradizionale permette ai proprietari di svolgere anche un’attività didattico-formativa rivolta a gruppi scolastici e non.
I percorsi didattici sono adeguati all’età dei bambini ed anche all’approfondimento del programma scolastico.
Ma Federico e Frida sono ancora troppo piccoli per i percorsi didattici …. E così ci accontentiamo di fare un po’ di amicizia con i numerosi animali della fattoria.



Purtroppo non abbiamo pensato alla possibilità di fermarci per pranzo presso il ristoro agrituristico e così continuiamo il nostro giro tra il cortile e i vari ambienti della fattoria alla scoperta di mucche, capre, pecore, polli, anatre, conigli, galline, maiali, cavalli, pony e asini.
Rimane giusto il tempo per Frida di fare conoscenza con una mantide religiosa che si trovava da quelle parti.

E poi via di nuovo una bella pedalata verso Cantalupo dove ci aspetta una grigliata tra amici. SLURP!!!!!!!
Speriamo di raccontarvi presto una nuova avventura.

13 luglio 2012

Il venerdì del libro - "Tutto da capo" di Cathleen Schine

Siamo a Manhattan, in uno splendido appartamento affacciato su Central Park: due anziani e collaudati coniugi, Betty e Joseph Weissmann, ebrei ultasettantacinquenni sposati da cinquanta anni ma ancora perfettamente efficienti, vivono una crisi coniugale senza ritorno. Joseph, ricco imprenditore, si è innamorato perdutamente della giovane Felicity, arrampicatrice e sua vice in ufficio, decisa a sottrarre lui e i suoi numerosi beni all’attonita Betty. Lei ha due figlie quasi cinquantenni, Annie e Miranda, per le quali Joseph, chiamato affettuosamente Josie dalle figliastre, è stato un padre affettuoso e generoso. Le tre donne si trovano improvvisamente insieme. Betty, costretta a lasciare il ricco appartamento e le sue comodità, accetta di trasferirsi con le figlie in un cottage a Westport, nel Connecticut, luogo di vacanze della upper class americana dove un cugino facoltoso e intrigante, Lou, mette a disposizione delle parenti in disgrazia la sua piccola proprietà.
In questo scenario si svolge gran parte della storia: non solo la vita di Betty subisce un radicale mutamento, ma anche le due figlie devono fronteggiare una rivoluzione completa del loro modo di vedere il mondo e di vivere nelle mutate circostanze, non soltanto economiche. Compaiono molti personaggi nel romanzo, attori, scrittori di fama, vecchi fuori di testa, giovani in cerca di collocazione a qualunque costo; si rimescolano le carte della vita di tutti i protagonisti, in un caleidoscopio di incontri, equivoci, sotterfugi, stratagemmi. Si è costretti a fare i conti con identità sessuale, salute, valori di riferimento, maternità, amore, rapporti familiari in una serie di rapidi avvenimenti che mettono a repentaglio l’incolumità mentale oltre che fisica dei principali attori della storia. L’ambiente in cui si muovono i personaggi del romanzo, interni newyorkesi, biblioteche, ville sul mare, il deserto della California, ci raccontano un’America opulenta ma sempre sull’orlo del baratro: le sicurezze vacillano, i rapporti si rompono, le ricchezze svaporano in un attimo, le carriere si disfano, la solitudine, la malattia, la vecchiaia e la morte sono in agguato e non ci sono sconti neppure per la classe più privilegiata del pianeta. Un romanzo forte, coinvolgente, attualissimo, di grande portata metaforica. Bellissima la copertina del volume, che riproduce un dipinto di Edward Hopper, capace di descrivere l’atmosfera del libro in modo magistrale.

11 luglio 2012

Frida Welcome Party

L'emozione durante il weekend era palpabile .....
Stavamo aspettando un ospite speciale. La nostra amica Daniela di "La scuola in soffitta" (http://scuolainsoffitta.wordpress.com/) insieme ai suoi bimbi ha deciso di mandare la piccola Pinguina Frida in giro per l'Italia e noi abbiamo deciso subito di ospitarla. Ci è sembrata un'idea meravigliosa e il piccolo Federico era eccitatissimo!
L'arrivo era previsto per venerdì sera ma a causa di un forte temporale che si è abbattuto sull'aeroporto di Malpensa tutti i voli sono stati cancellati e Frida ha dovuto posticipare il suo arrivo.
I preparativi per la sua festa di benvenuto fervevano e siamo riusciti ad ingannare un po' l'attesa pensando a quante cose belle potremo fare con Frida durante l'estate.
La lista delle cose da fare è davvero lunga e non vediamo l'ora di cominciare questa nuova avventura con la nostra amichetta.
Mentre aspettavamo il suo arrivo siamo riusciti a preparare un cartello di benvenuto ... speriamo le piaccia!!!!
e' stato difficile convincere Federico ad andare a nanna. Ci siamo riusciti solo rassicurandolo che la mattina seguente Frida sarebbe arrivata e si sarebbe fermata da noi per tanto tempo.
Come tutti sanno i bimbi hanno una memoria formidabile e non si dimenticano mai "gli appuntamenti" ... e così sabato mattina subito dopo colazione abbiamo sentito suonare il campanello e Federico è corso subito verso la porta!

apriamo la porta ed eccola li la piccola Frida!!!!!!
che meraviglia .... Federico non si trattiene più dalla gioia.
Anche se un po' stanca per il viaggio (per la verità non molto lungo!) Frida si dimostra subito felice di essere arrivata a Cantalupo, un piccolo paesino a 25 km circa da Milano.
Sarà stato lo sguardo del nostro cucciolo a farle capire di essere arrivata nel posto giusto????
Federico non si fa pregare e l'aiuta ad entrare in casa.
BENVENUTA FRIDA!!!!!!
E che l'avventura abbia inizio. Ci aspettano tante cose emozionanti da fare insieme e speriamo di non farti sentire troppo la mancanza di Daniela e dei suoi bimbi.

6 luglio 2012

Il venerdì del Libro - I cercatori di conchiglie (Rosamunde Pilcher)

“I cercatori di conchiglie” è (secondo me) il romanzo più riuscito di Rosamunde Pilcher. Protagonista è Penelope Keeling, madre di tre figli ormai adulti che, reduce da un attacco di cuore, decide di trasferirsi in campagna, dove riesce a trovare la “sua” casa, quella adatta al periodo della vita che sta vivendo. Qui, grazie alla serenità finalmente raggiunta e alla forza che le hanno donato le difficoltà superate in passato, può assaporare ciò che la vita le dona e guardare se stessa con occhi nuovi. Penelope ripercorre con la mente la sua infanzia e la sua giovinezza, e proprio i suoi ricordi diventano il filo conduttore di tutto il romanzo. Attorno a questo, si intrecciano le vite dei suoi tre figli, più che legati dall’affetto fraterno, dal mistero di un famoso dipinto; troviamo Olivia, brillante donna in carriera, Nancy, moglie di un noioso e freddo avvocato e madre di due bambini insopportabili, e Noel, affascinante single completamente immerso nel mondo del lavoro e nei suoi mille progetti. Ma la vera protagonista rimane sempre Penelope, con la sua storia carica di forti sentimenti e grandi sofferenze che attraversa tre generazioni e ci accompagna per tutto il libro. La sua non è stata una vita semplice; ancora giovanissima infatti, si innamora di Ambrose, che poi diventerà suo marito. E’ il suo primo vero amore e Penelope, così piena di gioia ed entusiasmo, non si accorge della natura cinica e spietata del ragazzo. Si trova così imprigionata in una dimensione monotona e fredda, dove gli unici avvenimenti sono i continui tradimenti di lui, e le sere nelle quali torna a casa ubriaco ed arrabbiato con il mondo intero. Ma il suo cuore non è lì, è a sua volta imprigionato in un amore impossibile con Richard. Penelope vivrà così: sospesa, tra una quotidianità crudele, e un mondo di sogni e progetti che s’infrangerà improvvisamente con la morte dell’amato.
Disarmante è la lucidità con la quale la protagonista ricorda tutti gli eventi vissuti. Penelope cura e fa fiorire il suo splendido giardino, diventato la sua più grande passione, e stende sul suo passato un sorriso sereno, quasi distaccato. Ormai non soffre più per quei due uomini, così diversi eppure così importanti nella sua vita. Il finale ci lascia con gli occhi lucidi, ma rimane vivo nella mente il sorriso di una donna forte e serena, che ha saputo amare sempre, in ogni istante della sua vita, anche quando non aveva accanto nessuno che ricambiava il suo amore.

22 giugno 2012

Il venerdì del libro - "Ci si mette una vita" di Federico Russo

Federico Russo, trentenne fiorentino, ex conduttore televisivo per Mtv e attualmente voce di Radio Deejay, entra nel mondo della letteratura dalla porta principale, con il suo Ci si mette una vita, romanzo semi autobiografico sulla forza dell'amicizia.
Quattro amici d'infanzia si ritrovano a Firenze dopo che uno di loro rischia di rimanere paralizzato in seguito ad un brutto incidente. Le loro sono storie di trentenni come ne abbiamo sentite a migliaia: un lavoro lontano da casa -qualcuno anche dall'Italia -, le donne che ci sono e non ci sono, e la tentazione di non crescere mai. Rubens, Carlo, Pico e Gazza sono i protagonisti di questa vicenda che, purtroppo, trae spunto dal grave incidente realmente subìto qualche anno fa da Matteo, carissimo amico di Russo. Rubens, narratore e protagonista del romanzo, lavora a Milano per un giornale sportivo, ed è pronto per partire - suo malgrado - per la Germania, dove dovrà seguire le partite dei Mondiali di calcio. È riluttante anche perché allontanarsi da Milano significa allontanarsi da Anita, sua ex fidanzata a cui non riesce a smettere di pensare, anche se lei l'ha lasciato ormai da mesi e sta già frequentando un altro.
Ma, durante una cena di lavoro in cui si sarebbero dovuti definire i dettagli della trasferta, una chiamata di Valeria - la ragazza di Carlo - ridefinisce tutte le priorità di Rubens. "D'un tratto il giornale, il contegno reverenziale davanti al capo e Berlino scivolarono via come acqua fresca", e davanti alla scampata tragedia di Carlo, vivo per miracolo, non c'è altro da fare se non saltare sul primo treno e tornare a casa. Rubens sa, senza nessuna esitazione, che anche Gazza e Pico hanno avuto lo stesso impulso, e infatti i tre si ritrovano al Centro traumatologico di Firenze, per confortarsi a vicenda e soprattutto stare accanto a Carlo durante i lunghi mesi di convalescenza.
In una sorta di nostalgico ritorno al passato, tornano quindi Monica Vitti - immortale Vespa arancione di Rubens - e le chiacchierate con gli amici di sempre sulle panchine di piazza della Vittoria, dove tra una birra e l'altra si finisce per tirare l'alba senza accorgersene. Ma ecco che, di pari passo con il recupero di Carlo, nel Centro traumatologico vediamo nascere una bizzarra comunità: ad accompagnare i quattro amici c'è Susanna, attraente e simpatica infermiera che li prende in simpatia, un cinese che si lagna costantemente e non sa una parola di italiano, Cecco, un coatto romano che suona in un improbabile gruppo ska, Adrian e Zibi, due ragazzi dell'Est, e una loquace e devota signora peruviana. I quattro amici, in questa momentanea sospensione dalla frenesia della loro quotidianità, si rendono conto che è l'amicizia l'unica cosa per cui vale la pena vivere, e che hanno sbagliato a dedicare totalmente le loro esistenze al lavoro e allo stress della vita metropolitana. Ancora una volta all'unisono, Rubens, Pico e Gazza decidono quindi senza troppi rimpianti di prolungare la permanenza a Firenze accanto a Carlo, e durante quella lunga estate hanno finalmente modo di fare i conti con le loro mancanze e le loro grandezze. Che sia finalmente arrivato il momento di crescere?
Ci si mette una vita è un libro scorrevole e ben scritto, immediato e pieno di riferimenti musicali - tanto per ricordarci che a scrivere è un deejay ed ex conduttore di Mtv -, che pur raccontando una storia dai contorni drammatici non scade mai nel sentimentalismo. Appena avvertiamo la sensazione di scivolare nella malinconia ecco una battuta a smorzare la tensione. Appena sentiamo avvicinarsi il momento del crollo emotivo ecco che Russo riporta la vicenda in carreggiata evitando di far scattare forzosamente un meccanismo di pietas che ci avvicini ai personaggi.

1 giugno 2012

Alla Première Dame piacciono le scarpe

Sorpresa: Valerie Trierweiler, nuova Première Dame francese, la giornalista “impegnata” che sembrava distratta sul fronte dell’estetica, ci spiazza già alla prima uscita ufficiale americana. E per incontrare la glamour Michelle Obama e le altre più caserecce First Lady si veste sobria ma aggiunge una scarpina munita di platform e tacco 12 che non avevamo mai visto indosso neppure alla Carla Bruni dei tempi migliori. Carlà si preoccupava di non sovrastare sul povero Sarkò e aveva adottato tacchettini e ballerine, Valerie a quanto pare si preoccupa meno del suo – altrettanto diversamente alto – François .

29 maggio 2012

Tutti uguali, Tutti diversi

"Camminando, ho imparato che da lontano non so distinguere una cicogna maschio da una cicogna femmina…
ho imparato che un ippocampo maschio porta in grembo i propri piccoli 
e che i cuccioli di leone sono allevati solo dalle madri… 
ho imparato che fra gli essere umani ci sono anche bambini con due papà e due mamme 
e che due ulivi della stessa età possono essere diversi, uno alto e l'altro largo…
ho imparato che ci sono ragazzi e ragazzi che si amano, ragazze e ragazze che si amano e ragazzi e ragazze che si amano e che tutti sono felici…
ho imparato che le persone sono uguali, ma di tanti colori e mille linguaggi 
e che posso essere unico e uguale, simile e differente, come le foglie di una quercia…
ho imparato che il mondo è bello perché ci sono tanti modi di essere vita.
E va bene così."

Dal libretto 'Tutti Uguali, Tutti Diversi - Alla Scoperta della Biodiversità' distribuito ieri in vari parchi delle principali città italiane da Famiglie Arcobaleno (associazione genitori omosessuali) e Lega Ambiente -- in occasione della festa di tutte le famiglie all'insegna del rispetto delle diversità.

25 maggio 2012

Il Venerdì del Libro: Casca il Mondo Casca la Terra - di Catena Fiorello

L’idea è originale: raccontare la vita di una giovane donna, nata povera in Puglia, a Squinzano, che l’ambizione e l’orgoglio spingono a Roma. Qui frequenta l’Università e incontra un giovane avvocato che diventerà suo marito, erede di una famiglia ricca, nobile, blasonata sia socialmente che professionalmente. La ragazza sposa il suo principe azzurro e diviene una delle donne più in vista della società romana. Due figli ovviamente splendidi coronano il sogno di Vittoria: Matteo e Eleonora sono belli, bravi, studiosi, riusciti.
Meno riuscito il rapporto con la famiglia Cortese del Giusto, la cui matriarca, la vecchia contessa Marta, non ha mai accettato né apprezzato la nuora, della quale ha intuito l’arrivismo sociale. Questa, berlusconiana convinta, si aggira tra uno shopping compulsivo nei più importanti negozi del centro, incontri con donne con le quali condivide superficialità e ricchezza, charity e circoli privati, parrucchieri di tendenza, la rivista Vogue a cui attingere le primizie della moda prima delle amiche-rivali, viaggi miliardari in località di charme. Nulla manca allo stereotipo della signora arricchita nella Roma dei nostri giorni: dalla Mini superveloce alla casa in un ricco comprensorio di Roma Nord, con relativa coppia di domestiche sudamericane; il suo triangolo d’azione è racchiuso tra Via Condotti, i Parioli, la collina di Monte Mario.
Ma qualcosa di imprevisto e imprevedibile rompe un equilibrio familiare che appariva perfetto: un messaggio al cellulare del marito captato per caso svela che il bellissimo, elegante e raffinato avvocato Alberto ha una giovane amante, Laura.
Da quel momento, Vittoria non ha pace: scoverà per caso la giovane donna, se ne fingerà amica e confidente, riuscirà a sapere da lei i dettagli della storia di passione con Alberto, entrando man mano nella vita di questa giovane donna sfortunata, povera, innamorata delusa di un uomo che l’ha solo illusa...
Un dramma passionale in piena regola, ricco di colpi di scena. Protagonista assoluta della storia, Vittoria compie un percorso a ritroso in cui l’autrice l’accompagna con simpatia: dall’altissima e privilegiata posizione economica e familiare, la donna si troverà a scendere da un piedistallo che appariva inattaccabile per imparare a confrontarsi con il dolore, la miseria, la sofferenza, la malattia, la morte: tutte cose che si era lasciata alle spalle, pensava, per sempre. In realtà il risveglio di Vittoria è sconvolgente e si accorgerà che tutto ciò su cui aveva costruito faticosamente le sue certezze è crollato: Alberto, Eleonora, Matteo sono diversi da come li aveva immaginati, la sua famiglia ideale in realtà non è forse mai esistita. Questa seconda parte è la migliore del libro, quella nella quale l’autrice riesce a far diventare il suo personaggio femminile davvero credibile, quella in cui la psicologia dei personaggi di contorno si afferma con più concretezza, fino al finale imprevisto ma certamente catartico.

16 aprile 2012

Quando la morte scende in campo ...

Di fronte a tragedie come quella di Morosini si tende a dire che non ci sono parole. E invece l'inquietante frequenza con cui, negli ultimi anni, la morte si è affacciata sui campi sportivi impone di trovarle, le parole. Intanto c'è da dare una risposta all'incredulità che si fa strada di fronte a tanti episodi (alcuni fortunatamente anche non luttuosi, come nel caso di Cassano). E' comprensibile che ci si stupisca di come atleti professionisti supercontrollati restino folgorati sul campo, nell'età della massima efficienza fisica. Ma gli specialisti ci hanno  spiegato da tempo che non tutto può essere svelato dai moltissimi test medici preventivi. Perché molte malformazioni genetiche non affiorano se non in seguito a indagini complicate, sofisticate e, sovente, invasive. Sono lì, nascoste e silenti, fino al momento di deflagrare.
In casi come questi, dunque, la colpa non pare attribuibile a un deficit di prevenzione. Proprio per casi silenti e maligni come questi, dunque, diventa ancora più importante il tema dell'efficacia del pronto intervento di soccorso. E qui s'impone, con urgenza non più procrastinabile, il tema dell'obbligatorietà dell' utilizzazione del defibrillatore in tutti gli impianti sportivi (non solo in serie A e non solo in ambito professionistico). Un apparecchio semplice, poco costoso, attivabile anche da personale non medico, tramite un percorso guidato e ormai contenuto anche in dimensioni portatili. Molti grandi stadi ne sono già forniti (l'emergenza, oltretutto, può riguardare anche uno spettatore). Tutti gli impianti ad ogni livello devono, obbligatoriamente, dotarsene. Non è accettabile che ci si preoccupi, ad esempio, degli standard di illuminazione degli stadi per consentire riprese televisive adeguate, e non ci si preoccupi altrettanto di come salvare la vita di attori e spettatori. Ai calciatori e al loro sindacato, che scioperarono in agosto facendo infuriare mezza Italia per temi opinabili legati al contratto collettivo, vorremmo dire che se scioperassero per un tema così avrebbero invece tutta l'Italia dalla loro parte. La speranza è che l'ennesima tragedia (in campo mondiale) imponga di affrontare subito quella che appare ormai un'emergenza.
C'è stato perfino chi ha contestato la decisione di sospendere tutti i campionati in segno di lutto. Questo è il mondo con cui ci tocca interagire. Le difficoltà che adesso ci saranno per recuperare questa giornata, in una fase cruciale del campionato, ci riportano, indirettamente, al tema della prevenzione. Perché se ogni partita da recuperare rappresenta un problema, in un calendario affollato ai limiti della capienza, è evidente che si gioca troppo. E se si gioca troppo, l'usura e la frequenza di traumi s'intensificano. A livello preventivo, non medico stavolta, ma organizzativo, non è più rinviabile perciò nemmeno la riforma dei campionati. Troppe squadre, troppe partite, troppo stress, troppi infortuni. Morosini non è morto di questo, e le indagini s'incaricheranno di stabilire la natura del male che l'ha ucciso. Ma impostare stagioni agonistiche che non siano "tirate" al limite della sopportazione diventa un dovere. Almeno per sgombrare il campo e la coscienza da ogni possibile rimorso.